

Era stata
Greenpeace a denunciare il taglio illegale di circa 1.300 ettari di foreste del
Sichuan, habitat del
panda e Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Ora l’Ufficio delle Foreste del Sichuan ha aperto 15 indagini giudiziarie e 8 procedimenti amministrativi nei confronti di 22 funzionari pubblici, assicurando che proteggerà le foreste. “Grazie alle nostre indagini, abbiamo ottenuto la protezione di foreste che sono vitali per il panda. È un segnale positivo che dovrebbe costituire un primo passo per una riforma a base nazionale: un terzo delle foreste cinesi è infatti a rischio a causa di una falla nel sistema normativo”, afferma
Yi Lan, campagna foreste di Greenpeace Asia orientale. A causa del disboscamento selvaggio del suo habitat naturale, il panda incontra sempre più difficoltà nel trovare germogli di bambù necessari al suo sostentamento. Non solo. Proprio la ricerca di cibo lo spinge a spostarsi continuamente, esponendosi ai pericoli del
bracconaggio e alle infrastrutture costruite dall’uomo. C'è però un modo per salvare l'animale in via di estinzione. Nel “Regolamento tecnico per la ricostruzione delle foreste a basso rendimento” c'è infatti una norma che autorizza a sostituire la foresta con piantagioni più redditizie in nome di una presunta “rigenerazione forestale”. Anche le provincie dello Yunnan e dello Zhejiang sono interessate da queste pratiche. Greenpeace chiede al governo cinese di sanare al più presto questa falla in modo da rispettare gli obiettivi nazionali di protezione delle foreste. Per l'associazione ambientalista il Sichuan è solo uno degli habitat da salvare. Il
calendario 2016 di Greenpeace, anzi, fa un elenco dei territori fondamentali a rischio. Ci sono gli elefanti africani dell'Etosha National Park, in Namibia, i
fenicotteri sul lago Natron, in Tanzania, la tigre di Sumatra nel Taman Park, Indonesia e tanti altri.