

di Stefano Ursi
E' un ritorno, quello di Renzi a Roma, che racconta la necessità per l'ex premier di rimettere gli occhi su questioni per un po' lasciate in standby. Questioni che riguardano non solo la vita e l'attività, presente e futura, del
Partito Democratico come ad esempio la
segreteria, ma anche le
scelte che il partito dovrà prendere in un domani quanto mai prossimo, come quella sul
modello di legge elettorale da sostenere. Partendo dalla segreteria, sono molti i nomi che si fanno in relazione ad una sua riorganizzazione ma al momento, come molti media spiegano in queste ore, non è una priorità e ci sarà tempo per mettervi mano. E quando il momento arriverà, sarà di certo più semplice comprendere, dai nomi che ne faranno parte, l'orientamento che il partito prenderà. La sensazione, al momento, riconduce ad una volontà di
dare linfa nuova, affinché con idee e iniziative anche il partito possa beneficiarne nel medio periodo. Quel che però al momento appare più urgente, e su questo non occorrono spifferi né indiscrezioni, è la decisione sulla
legge elettorale, il cui modello dirà con esattezza quali strategie ogni formazione politica potrà o dovrà prendere; sul
Mattarellum, che rimane ancora l'opzione su cui si potrebbe convergere, è in ghiaccio e non si esclude che nelle prossime settimane possa emergere qualche proposta capace di intercettare anche l'interesse di coloro che, all'interno del partito, all'idea del Mattarellum non hanno mai dato un consenso convinto.
Sullo sfondo di queste circostanze, si stagliano due questioni di vitale importanza: la decisione della Consulta sul
referendum sul Jobs Act e i movimenti del Movimento 5 Stelle, oggi vero e proprio antagonista del Partito Democratico. Sul referendum, che attende la decisione della camera di consiglio della Consulta, molto si gioca, in termini politici e di futuro; la questione infatti riguarda la riforma del lavoro, centrale nella legislatura, e si intreccia profondamente con il futuro della legislatura. E sono poi i movimenti di Grillo ad interessare profondamente in vista di una possibile tornata elettorale anticipata, vista la svolta 'europeista' votata dalla base ma stoppata dal gran rifiuto da parte dell'
Alde, di cui il presidente Verhofstadt ha poi dovuto prendere atto. Nessuna dichiarazione e nessuna possibilità di capire intenzioni e prossime mosse, un ritorno silenzioso ma carico di prospettive.