

I ben informati sostengono che
Bersani stia ragionando sulla possibilità di un governo para politico tirando dentro, insieme al
Pd, Lega e Scelta Civica di Mario Monti. Contando bene, i numeri tornerebbero perché al
Senato si arriverebbe a 160. Ma come persuadere la
Lega? A tutta la manovra va messa in conto la reazione del
Pdl che potrebbe infierire con l’arma del ricatto facendo cadere i governi regionali del nord. Il primo a rischio della guerra scatenata dal
Cav potrebbe essere il neo governatore
Maroni. Perciò starebbe al segretario Pd, in cambio della trattativa, garantirlo.
Il Pd punterebbe sull’esca della macroregione. Una mossa a triplo taglio, studiata per agganciare la scapigliata Lega, scrollarsi finalmente il partito del Cavaliere e isolare i grillini. La strategia farebbe gola ai leghisti che da sempre sognano di dettare le regole con la costruzione dell’unica regione del nord. In questa ottica si leggerebbe la dichiarazione di
Bersani che al di là del caos del momento sprona a pensare al paese reale («al di là delle questioni politiche bisogna tener d’occhio la vita reale del Paese»). Ma al contempo però serpeggerebbero i mal di pancia anche tra i non renziani, come
Enrico Letta e Dario Franceschini, mentre il sindaco di Firenze sgomita, ma deve vedersela con i numeri: alla Camera i suoi sono solo in 37.
Insomma, le prove di allargamento sono in piena ebollizione. E poi c’è
D’Alema che smentisce le ricostruzioni dei giornali e non ci sta ad essere additato come il grande regista: «E’ assolutamente falso che io mi stia occupando delle presidenze di Camera e Senato. L’unico colloquio che ho avuto sulla situazione politica è stato con il segretario Bersani, al quale ho espresso le mie opinioni, peraltro non coincidenti con quanto riportato negli articoli ». Quindi chiede di non essere tirato in ballo in vicende cui si dichiara del tutto estraneo. Una precisazione che, pur infastidendo molto il “lider maximo”, qualcuno legge come una sottile conferma.