
Non c’è pace sul finanziamento ai partiti. E nemmeno tra i partiti. Oggi a Montecitorio si sono palesate tre linee di pensiero attorno a un emendamento che prevede alla voce candidature, l’inserimento nelle liste elettorali di una quota pari al 60 per cento di candidate e il 40 per cento di uomini aspiranti parlamentari.
La maionese è impazzita. Ci sono gli
integralisti – ovvero i
grillini – che rifiutano l’idea, convinti del fatto che le donne devono avere la stessa parità di accesso degli uomini alle candidature. Ci sono poi i “paladini” e qui si è innestato un asse Pdl-Pd favorevole all’idea delle cosiddette “quote rosa”.
Barbara Saltamartini accusa i grillini di non conoscere la storia italiana e delle tante battaglie parlamentari per affermare una maggiore presenza delle donne in politica, nei partiti e quindi nelle assemblee legislative.
I
“terzisti”, invece, sono rappresentati da
Giorgia Meloni leader di
Fratelli d’Italia, che insiste su due concetti: merito e militanza. Della serie: le quote rosa sono un falso problema, il punto è se le donne sono meritevoli di andare in Parlamento, e se si sono fatte le ossa sul campo. Che vuol dire: mai più nominati e nominate col
manuale-Porcellum e avanti tutta col ritorno proporzionale.