

Una terribile notte di sangue a Manchester, dove un
kamikaze si è fatto esplodere alla fine del concerto della cantante Ariana Grande, idolo dei teenager. Tragico il bilancio dell'attentato con 22 morti e (attualmente) 59 feriti
che riaccende l'incubo terrorismo
nel mondo Occidentale a poco più di un mese da quanto accaduto a Parigi lo scorso 20 aprile. Sulla strage
Intelligonews ha intervistato
Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi internazionali.
Lupo solitario, componente di una cellula, kamikaze dell'Isis. Che idea si è fatto della strage di Manchester?
"Una valutazione su questo è ancora impossibile, sarei matto a farla, mancano i dati su chi è l'attentatore, sull'esplosivo, ci sono troppe poche informazioni per una valutazione di questo tipo".E' stato scelto un concerto, secondo lei c’è la volontà di colpire i giovani?“Sono obiettivi attentamente selezionati”.Quindi non scelgono in base ai minori controlli e alla facilità di riuscire a compiere l'attentato?
"No, lo hanno già fatto al Bataclan, ma non solo. Per loro i giovani, i bambini sono vittime legittime”.
Perché?“Nel momento in cui l'Isis, se di Isis si tratta in questo caso, prende i bambini di 5/6 anni e gli dà una pistola in mano per uccidere delle persone, vuol dire che per loro non c'è un livello di innocenza da non toccare. Come i bambini sono combattenti, così contestualmente sono anche obiettivi”.
Non trova strana la dinamica dell'attentato, con un kamikaze che ha aspettato la fine del concerto?
"Lui probabilmente è andato in una zona dove non c'erano controlli, l'importante era fare tanti morti. Si è messo in un posto dove potessero passare molte persone".
In Occidente il pericolo di eventi del genere sarà sempre in crescita?
"Ovviamente sì, noi continuiamo a non avere politiche comuni di contrasto al terrorismo, tutto ciò crea dei grossi problemi".
Il rischio aumenta con gli immigrati di seconda e terza generazione?
"Quando si parla di immigrati di seconda e terza generazione si parla di europei, un genitore non è che non può mettere al mondo un figlio per paura che diventi un delinquente".
Spesso però queste persone, pur essendo europei, rimangono molto sensibili alla cultura d'origine.
"Loro si riconoscono in quel mondo e non in quello dove sono nati, si sentono soldati di quel mondo e non del proprio Paese".
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