
In otto mesi più che in otto anni. La politica cambia look, o almeno ci prova, e i partiti cambiano nome nella speranza di cambiare pelle. Dalla scissione del Pdl e quella di Scelta Civica, dalla Destra in cerca d’autore, all’era Renzi alla guida del Pd, passando per quella di Salvini e della Lega 2.0. Facce nuove, simboli nuovi. Basterà?
PDL ADDIO.
16 novembre 2013: data “storica” per i berlusconiani ex e post, spartiacque nella storia del partito lanciato sul predellino nel
2007. Rinasce
Forza Italia e nasce il
Nuovo Centrodestra: Alfano esce da
Palazzo Grazioli con quattro ministri e un manipolo di parlamentari (tra i quali 30 senatori “strategici”) e fonda il “suo” partito dopo vent’anni a tu per tu col
Cav., fuori e dentro
Palazzo Chigi. E’ l’inizio di una separazione dolorosa ma conseguenza inevitabile dello strappo, politico ma anche metodologico: immobilismo del partito e ‘falchizzazione’ della linea su posizioni oltranziste. Le
colombe volano via, convinte che la cosa giusta da fare “per il paese” (e pure per loro) sia restare a presidiare il governo di coalizione. I ‘falchi’ accompagnano il “capo” all’opposizione e da lì cominciano a mitragliare “cugini” e larghe intese. Che si fanno subito piccole.
Ri-nasce
Forza Italia, partito di lotta, movimentismo, guerriglia parlamentare, cavallo di Troia per l’assalto al
Palazzo d’inverno (Palazzo Chigi) e il ritorno alle urne.
Berlusconi barricadero, Brunetta e Bondi con l’elmetto, Santanchè un po’ nelle retrovie: la macchina della campagna elettorale è già in movimento.
CENTRISTI VIA DA SC. Novembre è il mese degli addii, anche in politica.
L’ala popolare del partito di Monti abbandona il campo e il Prof. in una tesissima assemblea nazionale.
Casini formalizza la fine di un “matrimonio” nato male e il ministro Mario Mauro sbatte la porta di via Poli insieme a
Dellai, Olivero e un drappello di parlamentari. Nasce
Popolari per l’Italia: piedi al centro, orizzonte per ora sulle ri-strette intese ma la voglia di
Dc2.0 è tanta… Chissà se col
Nuovo Centrodestra di Alfano? I montiani serrano le file e vanno avanti:
sostegno a Letta ma senza automatismi. Il voto, sofferto, sulla legge di stabilità è il campanello d’allarme dei riformatori al premier: più peso nella compagine di governo al tratto distintivo di un partito che su lavoro e tasse fonda la sua ragione sociale. Anticamera di un rimpasto?
Letta non ne vuole sapere ma le sollecitazioni gli arrivano anche dal suo partito
, Cuperlo docet, e potrebbero concentrarsi sui ministeri di
Giovannini e Zanonato.
IL PD CAMBIA VERSO. Per ora il “verso” prova a cambiarlo al Pd.
Matteo Renzi stravince le primarie (solo un anno fa le aveva perse nella sfida con Bersani ) e fa le pulizie di Pasqua al Nazareno. Cala l’asso della segreteria
under 35, sette donne sette; poi comincia a dispensare “consigli” quotidiani a Enrico Letta: accelera sulla legge elettorale, manda i suoi emissari a sondare il campo d
i Forza Italia sul Mattarellum corretto, si sente al telefono con Verdini e ormai
Brunetta e Dario Nardella (braccio destro del segretario) si sentono ogni giorno. La mossa irrita Alfano, spiazza il Ncd che con Lupi batte il pugno: si parte dalla maggioranza con una proposta unica. Lavoro: altra riforma che
Renzi vuole intestarsi; a gennaio sarà tempo di Jobs Act che già da adesso il collega di partito nonché vice-ministro dell’Economia Stefano Fassina rispedisce al mittente. Poi in tuor nella
Terra dei Fuochi e a
Lampedusa: Renzi superstar. Sostegno a
Letta, ma orizzonte aperto: del resto lui stesso ammette che è “difficile capire la politica dei prossimi mesi”.
LA LEGA SI RI-LEGA. Dal congresso esce l’immagine plastica dei nuovi “padani”:
Umberto Bossi sconfitto, Salvini con lo scettro del partito in mano.
Lega movimentista più che si può, contro tutto: gli immigrati, l’Europa, Equitalia e la solita “Roma ladrona”. Il “delfino” di Roberto Maroni che su di lui vigila dall’alto del Pirellone, parte in quarta per riportare in pista un partito disorientato e frantumato dalle vicende di The Family. Via i vecchi simboli,
le ampolle, gli Alberto da Giussano, le Pontida: la Lega2.0 è “aggressiv” quanto basta per riconnettersi col suo popolo e incrociare, soprattutto con le europee alle porte, movimenti e partiti euroscettici o anti-europeisti con cui fare “squadra”. Di “vecchio” c’è il refrain secessionista rideclinato in Veneto nella battaglia referendaria pro-autonomia. E’ una Lega di pancia. Prendere o lasciare.
LA DESTRA (IM) POSSIBILE. Un lento declino dal ‘che fai mi cacci?’ di
Fini a Berlusconi. Correva l’anno 2010, ma da allora la Destra-Destra ha perso voti e uomini per strada. Fino a smarrire lei stessa la direzione da seguire. Gli ultimi otto mesi del 2013 raccontano di tentativi di ricomposizione puntualmente rimasti sulla carta: buone intenzioni, pochi fatti. Lavori in corso a
Officina per l’Italia ma l’ingranaggio ancora non gira alla perfezione.
Fratelli d’Italia del tridente LaRussa-Meloni-Crosetto rivendica la golden share e pochi giorni fa ha ottenuto l’uso del simbolo di An; Storace sta nel suo recinto e semmai sono gli altri che devono andare da lui; Menia tiene in mano ciò che resta di
Futuro e Libertà (e pure la suspence sulla rentrèe di Fini);
Alemanno si fa il suo movimento –
Prima l’Italia – e dialoga con
Fdi come in un rapporto epistolare, cioè senza grandi accelerazioni. Eppoi ci sono gli e
x An doc con Adriana Poli Bortone intenzionati a ripartire dal partito della svolta di Fiuggi e dai valori che incarnava, oggi dispersi in mille rivoli: progetto coraggioso e ambizioso. Il rischio è che il ‘cantiere’ della
Destra chiuda per “motivi familiari”: liti, personalismi, rivendicazioni. Futuro nebuloso.