
La Trattativa (chiodo fisso) di Sabina Guzzanti è approdata a Venezia. Ma fuori concorso. Un lavoro lungo quattro anni quello della comica, poi regista, Sabina che è scesa in campo e lo ha fatto su uno dei temi più oscuri della storia italiana: la trattativa (appunto) tra Stato e Mafia.
In sala sarà distribuito da Bim che ha atteso il prodotto cinematografico per anni prima che la ricerca e le idee incontrassero il film.
Sabina Guzzanti ci prova a parlarne ma si sa si tratta di misteri che in questo caso sono capaci di incollare lo spettatore a una trama (eversiva) che risulta ogni volta sconvolgente e inquietante, e che fa prendere forma alla docufiction, immaginato come atto militante dei lavoratori dello spettacolo (il rimando è al duo
Petri/Volonté di "Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli").
La cronologia va dall'inizio degli anni '90 (con
Gelli, Delle Chiaie, la P2, i progetti secessionisti di Cosa Nostra e la chiusura in Cassazione del primo maxi-processo alla mafia) al marzo 2013, quando finalmente parte il processo per la trattativa tra Stato e Mafia. Ma non vengono trascurati gli anni di piombo delle stragi (
Falcone, Borsellino, i Georgofili, San Giovanni), la fondazione di Forza Italia, Dell'Utri e Berlusconi, e Vito Ciancimino e le rivelazioni di suo figlio Massimo, e i Ros e la Dia, i pentiti, primo tra tutti Gaspare Spatuzza, che fa un po' da filo conduttore, dall'inizio alla fine di questa ricostruzione.
Borsellino, Dell'Utri, Ciancimino, Spatuzza sono tutti protagonisti, loro malgrado, degli eventi raccontati con ironia sì ma che non nasconde una critica feroce.