
Mario è un tassista. Le sue idee, battute e considerazioni agrodolci, sono emblematiche degli umori popolari, magari quelli più bassi, viscerali, di pancia, ma comunque indicativi del voto.
Autentici exit poll non tanto virtuali. Per Mario,
Gianfranco Fini “ha tradito la destra e ora (scherza) si è trasferito a Milano, visto che Futuro e Libertà prenderà voti da prefisso telefonico milanese (02)”. Mario teme un’Italia in mano ai montiani che avrebbero massacrato il ceto medio, detesta l’attuale sinistra, vecchia e ancora comunista nella sostanza, intrisa di odio e invidia sociale (“non ragionano con la loro testa, se Bersani dà l’ordine di buttarsi al fiume, loro lo fanno”), avrebbe voluto e votato
Renzi (“un fattore di novità”); è deluso da Berlusconi (“ha rovinato la destra, aveva i numeri e non è riuscito a modernizzare l’Italia”), non crede in
Grillo (“sono bravi nella protesta, ma non nella proposta, in parlamento o affogheranno, imploderanno, o si divideranno in filo-governativi e anti-governativi”).
Ma la vera chicca è la previsione futura del tassista: “Nessuno otterrà la maggioranza per governare, né
Grillo, né
Monti, né
Bersani, né
Berlusconi. Prevarrà di poco l’alleanza Pd-Vendola e, dopo trattative e lacerazioni, formerà un governo di centro-sinistra con Monti. Ma non finirà qui: Vendola farà come
Bertinotti, mollerà Bersani, cascherà il suo governo simil-prodiano, e si tornerà al voto tra un anno”.
Mario non crede più a nessuno ed è specchio di quell'Italia che non spera più.