

Una rivelazione destinata a far discutere e che ha infuocato il web.
Arriva da Papa Francesco che ha confessato, in un libro di prossima pubblicazione in Francia («Politique et société») di essere andato da una psicanalista, quando aveva 42 anni. «Ho consultato una psicanalista ebrea - racconta Bergoglio al sociologo Dominique Wolton -. Per sei mesi sono andato a casa sua una volta alla
settimana per chiarire alcune cose. Lei è sempre rimasta al suo posto.
Poi un giorno, quando stava per morire, mi chiamò. Non per ricevere i
sacramenti, dato che era ebrea, ma per un dialogo spirituale. Era una
persona buona. Per sei mesi mi ha aiutato molto».
Gli incontri, quindi, risalgono al periodo compreso tra il 1978 e
1979, gli anni della dittatura dei colonnelli in
Argentina, quando aveva concluso l'esperienza di provinciale dei gesuiti e stava iniziando
quella di rettore del Collegio Máximo, dove venivano formati gli
studenti che desideravano entrare nella Compagnia. Un’esperienza complessa per l’allora giovanissimo sacerdote e che lo aveva visto
protagonista di uno scontro molto forte all’interno della sua
congregazione religiosa.
Inevitabile l'accostamento al film di Nanni Moretti "Habemus Papam", con il Pontefice appena eletto che si sente inadeguato,
soprattutto in rapporto al peso del suo predecessore, e in crisi decide di rivolgersi al
Professor Brezzi (Nanni Moretti), uno psicanalista, che gli consiglia alcune
sedute con la moglie, anch’essa psicanalista (Margherita Buy), al di
fuori delle mura vaticane.
Una confessione che ha destato clamore e non sono mancate le polemiche per la scelta di ricorrere all'analista, come se la fede non fosse sufficiente. Un pensiero sintetizzato dal tweet del giornalista Marcello Veneziani.
Anche ai social non è sfuggita la confessione di Bergoglio e il web, come spesso accade, si è diviso. In molti hanno sottolineato come all’inizio la Chiesa abbia denunciato l’ambizione «totalitaria» della psicanalisi arrivando al punto di proibire ai preti di praticare la psicanalisi e ai seminaristi di sottoporvisi (con Giovanni XXIII
nel 1961).
Nell’enciclica «Sacerdotalis coelibatis» del 1967 Paolo VI, invece, concesse la possibilità del ricorso «all’assistenza e all’aiuto di un medico o di uno psicologo competenti» nei seminari e nel 1973, durante un’udienza, affermò: «Abbiamo stima di questa ormai celebre corrente di studi antropologici, sebbene noi non li troviamo sempre coerenti fra loro, né sempre convalidati da esperienze soddisfacenti e benefiche».
Nel libro il Papa, si è soffermato anche sulla sua vita di oggi. «Mi sento libero. Certo, sono in una gabbia qui al Vaticano, ma non spiritualmente. Non mi fa paura niente» e ha affrontato un tema caldo del momento: l'immigrazione. «
La nostra è una teologia di migranti, perché lo siamo tutti fin dall’appello di Abramo, con tutte le migrazioni del popolo d’Israele. E lo stesso Gesù è stato un rifugiato, un migrante. Esistenzialmente, attraverso la fede, siamo dei migranti. L’Europa in questo momento ha paura. Chiude, chiude, chiude...».
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