

Alla fine il Parroco don Michele delle Foglie è amareggiato, vuole incontrare il Papa e stamane nella chiesa
madre di Grumo Appula, in provincia di Bari, non si è tenuta la messa in suffragio di
Rocco Sollecito, il boss della 'ndrangheta, originario della Puglia,
ucciso l'estate scorsa in Canada a colpi d'arma da fuoco. Alla fine stamane le porte della chiesa sono rimaste chiuse.
IL FATTO: Il parroco, con un manifesto funebre aveva invitato i
fedeli a partecipare alla celebrazione, fissandola per le 18,30 di
questo pomeriggio, ma il questore del capoluogo pugliese Carmine
Esposito aveva disposto che la celebrazione si tenesse stamane alle 6
e in forma strettamente privata per ragioni di ordine pubblico.
Con una lettera anche l'arcivescovo della diocesi di Bari,
monsignor
Francesco Cacucci, aveva vietato al parroco che la messa si tenesse
nel pomeriggio. L'iniziativa del sacerdote, difesa a spada tratta da
quest'ultimo, aveva suscitato diverse critiche. Giyà all'epoca della
morte la celebrazione in forma pubblica e solenne era stata vietata.
L'ANALISI: Il parroco? E' stato senza
dubbio "imprudente", ma "bisogna anche considerare che quelli sono
territori difficili e che, a volte, se non fai qualcosa ti bruciano la
chiesa".
Don Davide Scito, docente di Diritto Canonico all'Università
Pontificia della Santa Croce a Roma, interpellato dall'Adnkronos,
affronta la nuova polemica sollevata da don Michele Delle Foglie anche
da un punto di vista pratico. "E' fuori di dubbio che quel prete sia
stato imprudente - premette il canonista -. La misericordia divina non
esclude nessuno. Ogni persona pentita ha diritto ad avere un funerale
anche se in questo caso mi pare che il boss non abbia chiesto nulla".
Il docente di diritto canonico affronta la questione anche da un punto
di vista pratico: "pensiamo all'utilità di una simile cosa. Comunque
discutibile. Il codice di diritto canonico dice che si deve chiedere
al vescovo. Il che non significa escludere dalla misericordia. Ma
altra cosa è la spettacolarizzazione sulla terra e le ripercussioni
che una celebrazione pubblica per un boss può avere. E' umano unirsi
al dolore dei famigliari per la perdita di un caro. E se Gesù perdona
i suoi accusatori...ma un conto è fare una cerimonia pubblica, con
evidente spettacolarizzazione, altro conto è fare una celebrazione in privato.
Don Davide Scito invita a riflettere sulla realtà in cui
è avvenuto il nuovo episodio: "Va sempre considerato dove vive un
sacerdote. Il prete che ha sollevato polemiche con la sua decisione
vive in un territorio difficile. A volte se non fai una cosa vengono e
ti bruciano la chiesa. C'è poco da fare: in contesti del genere, o
vivi lì nel rispetto delle regole, o te ne vai. Il discorso vale
ancora di più quando si vive in un territorio di cui si ha scarsa
conoscenza", dice don Scito che riferisce di un episodio vissuto in
prima persona.
"
Tanti anni fa, - ricorda - ad Orgosolo, mi capitò di celebrare una
messa. Al momento dello scambio della pace, mi accorsi che nessuno si
dava la mano. Chiesi quindi spiegazioni al termine della messa e, chi
ci viveva, mi fece notare che in quelle terre c'erano tante faide
interne".
Un esempio concreto che al sacerdote serve per ricordare che
è sempre questione di "buon senso".