
di Micaela Del Monte
Milan-Roma: una partita partita male. Senza risparmio di colpi. Cori razzisti, laser e colpi proibiti. Non si è fatto mancare nulla il match di ieri sera se non il gol. Finita infatti 0-0 la partita di ieri sera è stata più ricca di vicende antisportive che di puro calcio.
Un incontro mediocre iniziato male e finito peggio. Sospensione della partita per un minuto e mezzo in seguito ai cori contro
Mario Balotelli, espulsione di
Muntari per doppia ammonizione scaturita prima dall'insulto all'arbitro
Rocchi ed in seguito alla trattenuta per un braccio dell'arbitro stesso, rigori mancati, cori contro
Antonio De Falchi (tifoso giallorosso ucciso nell'89 da un gruppo di sedicenti fan milanisti) e contro i romani, brutti falli, gomitate e l'espulsione dei
Francesco Totti a una decina di minuti dalla fine del match.
Nulla di buono insomma, ma si apre il dibattito su cosa sia il
razzismo negli stadi. Insultare un ragazzo per il colore della sua pelle non è tanto grave come insultare un gruppo di persone per la propria appartenenza territoriale (napoletano, polentone, terrone)? Non è
razzismo anche questo? Non si sarebbe potuto fermare anche
Francesco Totti e decidere di non giocare più perché definito “sporco romano”?
C'è razzismo e
razzismo a quanto pare, insulto e insulto. Due pesi e due misure.
Perché i cori sono stati fatti solo contro
Balotelli e non anche contro
Muntari,
Boateng,
Constant e
Zapata? Potrebbe anche cominciare a venirci in mente che i cori contro l'attaccante rossonero non siano soltanto per il colore della sua pelle ma soprattutto per la sua poca simpatia dentro e fuori dal campo e per il suo maggiore valore sportivo (capro espiatorio).
Bisognerebbe cominciare a capire quale sia il limite, evidentemente molto sottile, tra quello che è il
razzismo e il mero insulto goliardico. Nessuna pietà per il lancio delle banane e i “uh uh” scimmieschi, ma inveire contro un giocatore non è un novità e non dovrebbe mai essere scambiato per
razzismo, servirebbe solo a gonfiare un polverone che in realtà a volte non ha diritto di esistere.